C’è chi comincia a scrivere tardi, chi presto, chi ha sempre avuto il sogno di cominciare, un giorno, ma poi arrivano i contrattempi, uno dopo l’altro, le distrazioni, la vita cambia rapidamente, e quel sogno si fa più piccolo, e chissà se sarà mai pronto a diventare rimpianto. Di Calvino, che come abbiamo già detto, di vite ne ha vissute tante, tutte diverse tra loro, e del suo rapporto con la scrittura, si potrebbero dire molte cose, come che ha cominciato a scrivere a ventidue anni, che non ha scelto, quindi, un anno semplice per cominciare a scrivere, essendo nato, lui, nel 1923. Si potrebbe dire che, secondo lui, il padre del romanzo moderno, in Italia, non è mica Manzoni, ma Giacomo Leopardi, per via della tensione avventurosa che si respira con l’Islandese o nell’operetta di Federico Ruysch e delle mummie, per la sua ricerca psicologica introspettiva, per aver dato nomi e volti di personaggi ai sentimenti e ai pensieri del suo secolo, per la lingua, da cui Calvino ha imparato forse la lezione più importante, ottenere il massimo effetto con i minimi mezzi, e infine per aver racchiuso nel giro di un luogo, di un ambiente, di un paese, il senso del mondo. Si potrebbe dire che il romanzo, secondo lui, ha vissuto e vivrà sempre nella dimensione della storia, non della geografia, e che con la sua scrittura ha sempre cercato di colmare quella che per lui rappresentava una grande mancanza nel romanzo italiano: l’avventura. Si potrebbero dire tutte queste cose, sì, approfondirle, anche, ma non siamo seduti sui banchi di scuola o in aula grande all’università, di quelle antiche, che sono sempre così luminose. Ho immaginato questo pezzo come qualcosa di più leggero, di più estivo, forse, tanto per adeguarmi alle convenzioni di chi immagina che a ogni stagione corrisponda uno stato d’animo e viceversa. Visto che da lettore, prima, e da scrittore, poi, ho letto dei libri in cui alcuni grandi scrittori hanno cercato di rivelare i trucchi del mestiere, di scrivere una specie di autobiografia letteraria e umana (consiglio: Tieni presente che di Chuck Palahniuk, On Writingdi Stephen King, Il mestiere dello scrittore di Murakami, Il mestiere di scrivere di Raymond Carver), e che questi libri, nel tempo, mi hanno aiutato a capire, a mettere a fuoco quello che stavo facendo, mi piacerebbe scrivere una cosa del genere, cercare di offrire dei consigli utili per scrivere attraverso le parole e i pensieri di Italo Calvino. 

Lascia sempre qualcosa in sospeso

Abbiamo raccontato dell’incontro tra Calvino, Ginzburg e Hemingway a Stresa. Be’, in quell’incontro, Hemingway confessa: “Il segreto è smettere di scrivere ogni sera quando ancora resta qualcosa da scrivere. Così la mattina, quando riattacco, non devo perdere tempo per rimettere in moto l’immaginazione”. Non è facile, certo, ma almeno questo mi sembra un metodo abbastanza efficace per provare a combattere la paura della pagina bianca. 

Se riesci, se puoi, viaggia

Sappiamo che Calvino è nato a Santiago de Las Vegas, che è cresciuto a Sanremo, che ha vissuto a Torino, a Parigi, a Roma, che sognava di essere nato a New York. Anche se, dice lui, la letteratura è piena di non viaggiatori che hanno fatto dei viaggi bellissimi, viaggiare “aiuta a scrivere meglio perché si è capito qualcosa di più della vita”. 

Non accontentarti di quello che hai già fatto

Calvino, secondo me, è uno dei pochi autori che ha cercato sempre di reinventarsi, di scrivere ogni libro come se fosse quello d’esordio. Bisogna scrivere sempre dei libri diversi, bisogna mettersi in gioco, come Amerigo Ormea, il protagonista de La giornata d’uno scrutatore. Scrivere, in fondo, è una sfida. Più una storia sembra lontana da te, più dovresti provare a scriverla. E se c’è un libro che manca, nel panorama letterario, forse sei proprio tu a doverlo scrivere. 

Non confondere il cinema con la letteratura

Oggi ci sono un sacco di romanzi che sembrano delle sceneggiature e viceversa. Quasi quarant’anni dopo la lezione sulla visibilità (contenuta nelle Lezioni americane), in cui Calvino si diceva preoccupato che un giorno non saremmo stati più capaci di pensare a occhi chiusi, di immaginare, le cose sono andate avanti, il cinema si può vedere sul divano, le serie tv sono infinite, così come le piattaforme su cui guardarle. E anche se lo stesso Calvino, per scrivere, partiva sempre da un’immagine, anzi, “da un rapporto tra immagini”, se vogliamo scrivere un racconto o un romanzo, dobbiamo resistere al fascino del linguaggio seriale e cinematografico, e ricordarci che “il cinema vuole scrivere”, che “ha sempre invidiato il discorso scritto”, che ha ripreso tanto dalla letteratura, per esempio: le voci fuori campo per rendere la prima persona, il flashback per tornare indietro nel tempo, la dissolvenza per mostrare, invece, il tempo che passa. 

Che cos’è l’ispirazione?

Non lo so, in realtà, nessuno lo sa. Ricordati, però, che non è uguale per tutti, che non sempre piove dal cielo. Alcuni scrittori scrivono di getto, altri no. Se oggi hai deciso di scrivere, se ti sei ritagliato del tempo, qualche ora, e alla fine non hai scritto nulla, non preoccuparti. Si scrive anche quando non si scrive. Calvino, poi, credeva poco alla spontaneità e all’ispirazione, i suoi manoscritti erano pieni “di cancellature, di rimandi, di inserimenti”. “Scrivere – diceva – vuol dire cancellare, mettere insieme una frase e poi lavorarci sopra finché non ci si avvicina a quello che volevo dire”. 

I libri, il mondo, noi

Spesso si dice che non siamo noi a scrivere i libri, ma sono i libri che scrivono noi. Calvino diceva che l’autore è un canale, fornisce attrezzature tecniche, che i libri vengono scritti attraverso di lui. Ho pensato di salutarvi con due consigli, che secondo me sono molto preziosi. “Bisogna partire sempre da ciò che si è”, se non scrivere di ciò che si conosce bene, almeno partire da lì. E per tornare alla scrittura come sfida, al mettersi in gioco, al continuo tentativo di reinventarsi, di immaginarsi esordienti, dovremmo affidarci a questa frase di Calvino che, oltre che bellissima, nasconde anche una profonda verità: “Per me non esiste soltanto un linguaggio; esiste il mondo”.

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